NAZI DOG di Lelia Paolini

Se l'Uomo non fosse mai apparso sulla Terra, sarebbero stati i gatti a governare il mondo, senza dubbio con migliori risultati. I cani no. Sono troppo buoni e troppo devoti all'essere umano per poter essere la razza dominante. Anche se l'Uomo non fosse mai stato creato, il cane sarebbe stato capace di obbedienza e sudditanza, magari proprio al gatto. 

Sono seduta su una panchina del parco. Ho il mio libro da leggere e il mio quadernino per scrivere, tante volte arrivasse l'ispirazione per buttar giù la prima bozza di quello che potrebbe essere il romanzo del secolo, futuro Premio Nobel alla Letteratura.  Si ferma vicino a me un uomo, fisico niente male, atletico, tuta attillata, nera, lucida, all'ultima moda in fatto di abbigliamento tecno-sportivo. Beve alla fontana e fa un po' di stretching per defaticarsi dalla corsa appena conclusa. Intanto accenna un sorriso di cortesia, a salutarmi. Accanto a lui, in attesa un dobermann. Anche lui nero, lucidissimo, lo sguardo sottile, come occhi due fessure gialle, appena percettibili. Immobile, mi guarda. Sembra finto, un cane di porcellana. Ricorda quelle tigri o leopardi di coccio a grandezza naturale che abbelliscono i salotti in stile coloniale. 
Io rispondo al saluto dell'uomo con un cenno del capo, poi torno a immergermi nella lettura del mio libro. O quanto meno fingo, perché al di sopra delle lenti degli occhiali continuo a tenere d'occhio il cane che non smette di fissarmi. Mi guarda come un ispettore delle SS della Germania Nazista negli anni Trenta avrebbe squadrato  un omosessuale  negro di religione non ben definita, fra l'Ebraismo e il Testimone di Geova.  
Finalmente, dopo attimi che mi paiono infiniti, l'atleta riprende la sua corsa, inviando al suo body guard canino   un telepatico comando a seguirlo. Passandomi davanti noto che l'uomo indossa una maglietta con su scritto "88" e ha un piccolo tatuaggio a forma di svastica dietro l'orecchio. Avevo visto giusto: il cane è un ex nazista, invece il padrone lo è tuttora.
Nell'allontanarmi il dobermann, che scopro essere una lei, mi lancia un'ultima occhiata, come a dirmi "So chi sei, ti teniamo d'occhio". Seguo ancora un po' con lo sguardo il runner Adolf e la sua fedele Eva scodinzolante che si allontanano. Poi, finalmente, torno alla mia lettura. Un pensiero però continua a ronzarmi in testa. Se avessi letto un qualsiasi altro libro, invece de "Il Capitale" di Karl Marx, il cane mi avrebbe lo stesso squadrato così?     

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