Figlie del mare di Mary Lynn Bracht, recensione ... di gruppo


Dopo molto tempo, da prima della pandemia di Corona-virus e del conseguente lockdown, non leggevo un libro cosiddetto "impegnato", prediligendo letture più leggere, come commedie, racconti umoristici, gialli poco cruenti, cioè più evasione e meno, molto meno, coinvolgimento emotivo.  Figlie del mare di Mary Lynn Bracht,  letto alla fine del 2023, è stata una sorta di ritorno a quelle letture che impegnano anche il cuore, la pancia e l'anima, oltre che cellule enterocromaffini della parete gastrointestinale e ai neuroni serotoninergici cerebrali che sono coloro che sintetizzano la serotonina, l'ormone del buonumore. Lo sapevate, cari i miei ignorantelli? No? Beh, nemmeno io. L'ho letto su Wikipedia. 



Ma torniamo al libro. Protagoniste del romanzo Figlie del mare di Mary Lynn Bracht sono due sorelle che vivono sull'isola di Jeju, nella Corea del 1943 occupata dai Giapponesi. Hana, la più grande, è - insieme alla madre - una pescatrice. Ogni giorno si immerge nelle profondità del mare e raccoglie quanto il mare ha da offrirle, per poi venderlo al mercato. L'arrivo della sorellina Emiko, la rende molto felice, fino a quando non è costretta a separarsi da lei e dai genitori. Hana viene rapita da un ufficiale e costretta a fare la "donna di conforto" in un bordello per soldati giapponesi. Tenterà più volte di fuggire, di ritrovare la sua famiglia e la sua vita, grazie soprattutto al coraggio e alla forza di indomita haenyeo, così sono chiamate le sommozzatrici che pescano alghe, molluschi e perle, in quella regione della Corea. 

Ed Emiko? Benché sia riuscita a scampare al destino atroce toccato ad Hana, anche Emiko (Emi) vive una sua avventura tragica e dolorosa, costretta in un matrimonio forzato, con un uomo violento che le impedisce persino di avere un rapporto sereno con i figli. Per sempre sconvolta da come la vita le ha tolto tutto ciò che amava di più, in primis la sorella, Emiko continuerà la tradizione di famiglia delle haenyeo, non smettendo mai di cercare Hana fino che avrà respiro.

Si è parlato di Figlie del mare di Mary Lynn Bracht durante un gruppo di lettura riunitosi qualche settimana fa, gruppo di cui faccio parte da poco e che tratta romanzi storici e sopratutto di questione femminile. Oltre a consolidare le mie impressioni, dopo la letture del libro, ho fatto mie anche molte delle considerazioni espresse dai partecipanti. 

Opinione unanime è stata quella di trovare lo stile narrativo di Mary Lynn Bracht molto delicato, quasi poetico, nonostante l'argomento trattato. Personalmente, come mi era già capitato leggendo La bambina che raccontava i film , trovo che non sia necessario descrivere una scena di violenza carnale con dettagli scurrili e cruenti. Poche semplici parole, anche più tenui, nulla tolgono all'orrore di ciò che viene raccontato, anzi si contrappongono ancora di più alla crudeltà dell'atto. Il lettore intelligente sa farsene un'idea da solo e l'autore - o l'autrice - altrettanto intelligente, lo sa. 

Il romanzo Figlie del mare si snoda in una doppia narrazione: ai capitoli dove la voce narrante racconta in diretta le vicende di Hana, nel 1943, si alternano quelli con il punto di vista di Emi: in quest'ultimi siamo a Seul, nel 2011 e raccontano il vissuto della stessa Emiko, tra il presente, ancora alla ricerca della verità su sua sorella e una sequela di ricordi, tragici e mortificanti, ma che l'hanno portata a essere la donna che è. Questo alternarsi di visioni, secondo molti, ha reso la lettura un po' meno angosciante, nonostante il tema sia veramente profondo e grave. 

Interessante anche l'intervento di R. che ha ribadito come l'essere una haenyeo ha aiutato Hana a sopravvivere al suo destino: durante le violenze subite dai militari giapponesi che frequentavano il bordello dove era reclusa, la ragazza andava in apnea, simulando una immersione in mare, come quando pescava con sua madre e le donne di Jeju. Questo, insieme al ricordo perenne della sua famiglia e alla speranza di tornare a casa, le faceva sopportare meglio quelle atrocità. 
E. invece ha sottolineato l'aspetto storico del romanzo. Le Figlie del mare, Hana e Emi, non sono persone realmente esistite, ma esistita è la pratica delle "Comfort Women", Donne di Conforto, durante la seconda guerra mondiale, a opera dei Giapponesi nell'invasione della Corea. Emiko, ormai anziana, partecipa ai cosiddetti Mercoledì di Seul alla ricerca di Hana, manifestazioni che esistono davvero e che sono ancora in atto oggi, dove le donne sopravvissute e le loro discendenti si riuniscono a Seul, davanti all'Ambasciata giapponese, per chiedere le scuse ufficiali da parte del Giappone. 
Per chi vuole approfondire, c'è un interessante video che spiega la spregevole pratica delle Comfort Women in Corea e in altri territori occupati dal Giappone a metà del secolo scorso. 
Conclusione, anche questa unanime, è che questa brutta storia delle Comfort Women, ahinoi!, non è solo limitata al Giappone e al periodo storico narrato dalle Figlie del mare di Mary Lynn Bracht, ma diffusa anche in altri tempi e in altre zone. E che la Storia, con la S maiuscola, quando ci racconta i drammi di una guerra, spesso tralascia di dare la giusta risonanza a questi crimini, su vittime innocenti e indifese, crimini tanto veri quanto poco noti. 

"Mary Lynn Bracht è una scrittrice americana di origini coreane. Tramite la madre, cresce a stretto contatto con una comunità di donne emigrate dalla Corea del Sud. Nel 2002 visita il villaggio dove è nata sua madre e lì sente parlare per la prima volta delle comfort women. Quel toccante viaggio e le successive ricerche hanno ispirato il suo romanzo d’esordio, Figlie del mare (Longanesi 2018), in uscita in tutto il mondo. (dal sito Longanesi.it)"

 

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